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Reverse charge: demolizione e costruzione nuovo immobile

Reverse charge: demolizione e costruzione nuovo immobile

di Sandra Guerzoni e Stefano Benatti

In presenza di unico contratto di appalto per totale demolizione e successiva ricostruzione di edificio industriale, si applica il regime IVA ordinario alle diverse tipologie di prestazioni dedotte nel contratto e quindi anche a quelle che, autonomamente considerate, sarebbero soggette a “reverse charge” secondo la nuova lettera a-ter), comma 6 dell’art.17 DPR633/72.

Questo l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate che emerge nella circolare n.37/E del 22 dicembre 2015.

Nonostante sia ormai trascorso un anno dall’introduzione della lett.a-ter) comma 6 art.17 DPR 633/721 che individua nelle prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti, e di completamento relative ad edifici una specifica ipotesi di applicazione del meccanismo del reverse charge, permangono ancora dubbi sull’applicazione della disposizione in esame.

Probabilmente, gli stessi chiarimenti espressi dall’Agenzia delle Entrate da ultimo nella circolare 37/E del 22 dicembre 2015, li hanno accresciuti piuttosto che dissipati, come ci si sarebbe attesi, grazie agli elementi di novità introdotti nell’interpretazione delle disposizioni normative, talvolta in contrasto con gli orientamenti contenuti nella precedente circolare 14/E del 27 marzo 2015.

Il meccanismo del reverse charge, come noto, pone, in capo al cessionario dei beni o al committente dei servizi, soggetti passivi IVA, gli adempimenti relativi all’applicazione ed all’assolvimento del tributo.

Esso pertanto, costituisce una deroga alla regola ordinaria che identifica il debitore dell’imposta nel cedente i beni o nel prestatore di servizi, ed in quanto tale, chiaramente non può trovare applicazione al di fuori dei casi tassativamente indicati dalle norme di legge. E’ importante, allora, cercare di individuare correttamente l’ambito di applicazione della fattispecie di cui alla lett.a-ter) comma 6 art.17 DPR 633/72 (brevemente lett.a-ter) che allo stesso modo della lett. a) opera per prestazioni di servizi rese nel settore dell’edilizia.

Giova preliminarmente evidenziare che per le prestazioni di servizi di cui alla lett.a-ter), quali: pulizia, demolizione, installazione degli impianti e di completamento relativi agli edifici, il meccanismo di reverse charge trova applicazione a prescindere da particolari requisiti soggettivi del prestatore e dalla tipologia del contratto sottostante.

Non è richiesto, diversamente dalla lett.a), che la prestazione sia resa nell’ambito del settore edile, in dipendenza di un contratto di subappalto e nei confronti di imprese costruttrici o di imprese che svolgono attività di ristrutturazione di immobili. A conferma di ciò l’Agenzia delle Entrate nella circolare 14/E del 2015 precisa che “i soggetti passivi che rendono i servizi di cui alla lettera a-ter), devono applicare il reverse charge indipendentemente dalla circostanza che si tratti di prestatori che operano nel settore edile, ossia che svolgono un’attività economica compresa nei codici della sezione F della classificazione delle attività economiche ATECO2.” Ed ancora, richiamandosi alla relazione tecnica di accompagnamento alla Legge di Stabilità 20153, l’amministrazione finanziaria, nella medesima circolare 14/E-2015, precisa che “per le prestazioni di cui alla lettera a-ter) il sistema dell’inversione contabile si applica a prescindere: - dal rapporto contrattuale stipulato tra le parti; - dalla tipologia di attività esercitata.” del prestatore.

Per l’applicazione del reverse charge di cui alla lett. a-ter) è sufficiente che entrambe le parti, il prestatore ed il committente, siano soggetti passivi IVA e che l’operazione rilevante IVA posta in essere, costituisca una prestazione di servizi relativa ad edifici; rimangono pertanto, escluse da reverse quelle di fornitura con posa in opera, ove la prestazione, ancorchè presente, assume una funzione accessoria4 rispetto alla cessione.

E’ indifferente che le prestazioni di servizi siano rese in dipendenza di contratti di appalto, o di contratti d’opera o di contratti di subappalto, assumendo invece, rilevanza la corretta individuazione della nozione delle prestazioni recate dalla lett. a-ter). A tale ultimo scopo, “…..in una logica di semplificazione e allo scopo di evitare incertezze interpretative, si ritiene, in conformità, peraltro, ai criteri adottati in sede di Relazione Tecnica, che debba farsi riferimento unicamente ai codici attività della Tabella ATECO 2007. Tale criterio deve, quindi, essere assunto al fine di individuare le prestazioni di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative ad edifici.5”

Uno dei dubbi che sin dall’introduzione della nuova ipotesi di reverse nel settore edile si è posto all’attenzione degli operatori, riguardava l’applicazione del corretto regime IVA relativamente alle prestazioni di servizi ricomprese in un contratto di appalto unico.

Sul punto, l’Agenzia delle Entrate assume una posizione piuttosto ambigua e l’interpretazione fornita con la circolare 14/E, appare inadeguata a fugare ogni dubbio. In un primo passaggio, nell’ambito della trattazione delle prestazioni di completamento, ma ciò si ritiene vada esteso a tutte le fattispecie contemplate nella lett.a-ter), essa afferma infatti, che “…… in presenza di un unico contratto, comprensivo di una pluralità di prestazioni di servizi in parte soggette al regime dell’inversione contabile e in parte soggette all’applicazione dell’IVA nelle modalità ordinarie, si dovrà procedere alla scomposizione delle operazioni, individuando le singole prestazioni assoggettabili al regime del reverse charge.

Ciò in quanto il meccanismo dell’inversione contabile, attesa la finalità antifrode, costituisce la regola prioritaria. In tale ipotesi, pertanto, le singole prestazioni soggette a reverse charge dovranno essere distinte dalle altre prestazioni di servizi ai fini della fatturazione, in quanto soggette in via autonoma al meccanismo dell’inversione contabile.” E subito dopo, riconoscendo che “…. stante la complessità delle tipologie contrattuali riscontrabili nel settore edile …. con riferimento all’ipotesi di un contratto unico di appalto …. In una logica di semplificazione, si ritiene che, anche con riferimento alla prestazioni riconducibili alla lettera a-ter), trovino applicazione le regole ordinarie e non il meccanismo del reverse charge”.

La regola che sembrava, pertanto, potersi desumere dalle prime indicazioni impartite dall’Agenzia, era che in presenza di un unico contratto comprensivo anche di prestazioni soggette al regime dell’inversione contabile, si doveva prioritariamente procedere alla loro scomposizione e fatturazione distinta dalle prestazioni soggette al regime ordinario, in subordine, quando tale modalità risultasse di difficile applicazione, sarebbe invece stato possibile applicare indistintamente il regime ordinario.

E ciò è parso ancor più corretto alla luce dei chiarimenti forniti, nel medesimo documento di prassi, in occasione delle precisazioni circa il rapporto tra reverse charge e “Utilizzo del Plafond”, in relazione al quale essa afferma la prevalenza del meccanismo del reverse charge sulla non imponibilità di cui all’art.8 comma 1 lett.c DPR633/72, con impossibilità pertanto di utilizzo del plafond6. In relazione alle stesse prestazioni di cui alla lett.a-ter), quando ricomprese in contratti di appalto unici, unitamente ad altre soggette al regime ordinario, l’amministrazione finanziaria precisa la necessità di separarle e fatturarle distintamente se il committente è un esportatore abituale che si avvalga dell’art.8 comma 1 lett.c DPR633/72, per effettuare acquisti in “esenzione” da IVA. Essa, pur rilevando che “Può verificarsi….. il caso di un esportatore abituale che riceva dai fornitori delle fatture ove non sia facile scindere (anche per ragioni di formulazione del contratto) la parte soggetta al regime del reverse charge da quella soggetta all’applicazione dell’IVA nelle modalità ordinarie.”, tuttavia conclude ribadendo l’obbligo di scomposizione delle prestazioni e l’assoggettamento a reverse charge, senza lasciare spazio per alcuna semplificazione. Infatti “In tali ipotesi, in presenza di un unico contratto, comprensivo di una pluralità di prestazioni di servizi in parte soggette al regime dell’inversione contabile e in parte soggette all’applicazione dell’IVA nelle modalità ordinarie, si dovrà procedere alla scomposizione dell’operazione oggetto del contratto, individuando le singole prestazioni assoggettabili al regime del reverse charge. Ciò in quanto il meccanismo dell’inversione contabile - come sopra precisato -costituisce la regola prioritaria.”

Nell’indeterminatezza della posizione manifestata dall’Agenzia, sotto il profilo operativo, il contribuente, valorizzando così la natura di contrasto alle frodi attribuita alla norma, a fronte di un unico contratto ha prioritariamente verificato la possibilità di scomporre le prestazioni soggette al nuovo reverse da quelle invece soggette al regime ordinario e solo dove ciò non è stato possibile, avvalendosi della semplificazione concessa (in modo un po’ ambiguo) ha assoggettato tutte le prestazioni al regime ordinario.

Il comportamento illustrato e sino ad ora tenuto appare oggi messo fortemente in discussione dai nuovi orientamenti espressi dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 37/E del 22 dicembre 2015 in occasione di incontri tenuti con i rappresentanti delle associazioni di categoria. L’Amministrazione finanziaria, infatti, rispondendo ad un quesito volto a sapere se il meccanismo dell’inversione contabile si applichi all’attività di demolizione anche quando tale attività sia ricompresa in un contratto unico di appalto, avente ad oggetto la demolizione e la successiva costruzione di un nuovo edificio, afferma che nell’ipotesi specificata debbano trovare applicazione le regole ordinarie e non il meccanismo del reverse charge.

La ragione per escludere l’applicazione del regime di reverse charge alla fattispecie in esame risiede, non tanto (o non solo) in una logica di semplificazione, quanto nel nesso di funzionalità tra la prestazione di demolizione e quella inerente la realizzazione della nuova costruzione. “In tal caso, infatti, l’attività di demolizione deve considerarsi strettamente funzionale alla realizzazione della nuova costruzione. Così, ad esempio, in presenza di un contratto unico avente ad oggetto la realizzazione di una nuova costruzione, previa demolizione di un vecchio edificio, non si dovrà procedere alla scomposizione del contratto, distinguendo l’attività di demolizione, ma si applicherà l’IVA secondo le modalità ordinarie all’intera fattispecie contrattuale.”7

Una simile soluzione interpretativa, diametralmente opposta alle precedenti, se corretta, avrà quale effetto una limitazione della portata applicativa del nuovo reverse charge; le prestazioni di demolizione, ad esempio, risulteranno soggette al meccanismo dell’inversione contabile di cui alla lett.a-ter) solo ed esclusivamente quando l’intervento edilizio si esaurisce nella demolizione e conseguentemente la causa del contratto di appalto è unicamente la demolizione.

Appare evidente che la medesima fattispecie qui considerata non possa, almeno in astratto, ammettere soluzioni diverse, ed anzi contrastanti le une con le altre. Occorre, pertanto, verificare quale sia il corretto trattamento IVA da riservare alle prestazioni nel caso di “operazioni composite” al fine di stabilire se la circostanza di trovarsi di fronte ad un’unica fattispecie contrattuale sia di per sé sufficiente per estendere a tutte le prestazioni in essa ricomprese il regime ordinario, ancorchè alcune prestazioni autonomamente considerate sarebbero soggette a reverse charge ovvero quali siano le condizioni che giustifichino un trattamento unitario della fattispecie rappresentata da una molteplicità di prestazioni.

L’art.2, Direttiva n.2006/112/CE sancisce il principio secondo cui ogni operazione deve essere considerata di regola come autonoma e indipendente. Tuttavia a tale regola generale sono poste diverse eccezioni sia espressamente previste dalla legge, come ad esempio per il caso delle operazioni accessorie (ex art.12 DPR633/72), sia di natura interpretativa.

Le eccezioni sono rappresentate da fattispecie caratterizzate dalla concomitanza di operazioni diverse, accomunate tuttavia, da un rapporto di sussidiarietà l’una dall’altra ovvero di interdipendenza e complementarità. Si tratta di operazioni genericamente definite “operazioni composite” che possono suddividersi a loro volta in tre macrocategorie8:

a) “operazioni uniche”: con tale categoria vengono identificate quelle operazioni con le quali un fornitore effettua due o più cessioni o prestazioni, in cui una rappresenta la causa stessa dell’operazione, mentre l’altra (o le altre) si limita ad integrare la prima senza la quale non sarebbe stata neppure posta in essere; fra i due elementi si instaura un vincolo di accessorietà, tale per cui l’operazione accessoria perde la propria identità ai fini dell’IVA;

b) “operazioni complesse”: il raggruppamento identifica quelle operazioni che sono effettuate mediante il concorso di più prestazioni o cessioni, tra loro connesse, aventi tuttavia ciascuno pari dignità giuridica, economica e funzionale e che, complessivamente considerate, non sono riconducibili ad una particolare fattispecie normativamente disciplinata. Anche in questo caso, ai fini IVA, pur in assenza di un vincolo di accessorietà, l’operazione deve essere valutata nel suo complesso.

c) “operazioni multiple”: la terza categoria identifica quelle operazioni che si concretizzano in una pluralità di prestazioni o cessioni, autonomamente identificabili, ancorchè sia previsto un unico corrispettivo.

Riveste una particolare importanza, sotto il profilo dell’IVA, stabilire se “un'operazione che è composta da più elementi debba essere considerata come una prestazione unica o come due o più prestazioni autonome che devono essere valutate separatamente.” (C-349/1996)

La Corte di Giustizia europea, muovendo dalla considerazione che “data la diversità delle operazioni commerciali, è impossibile fornire una risposta esaustiva quanto al modo di esaminare correttamente la questione in tutti i casi”9, elabora alcuni principi volti ad orientare gli operatori nella corretta qualificazione delle operazioni composite ai fini IVA.

Innanzitutto, per determinare, se ci si trovi di fronte a due o più prestazioni distinte o ad un'unica prestazione quando un'operazione è costituita da una serie di elementi e di atti, “si devono …prendere in considerazione tutte le circostanze nelle quali si svolge l'operazione considerata” (C-111/2005).

Una volta valutati tutti gli elementi che caratterizzano l’operazione, in base alla giurisprudenza della Corte europea, si è in presenza di un’unica prestazione, e quindi è in riferimento ad essa che si individua il corretto trattamento IVA (territorialià, aliquota, esenzione…) quando:

- “due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo al cliente sono a tal punto strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile, la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale” (C-111/2005);

- “due o più elementi devono essere considerati nel senso che costituiscono la prestazione principale, mentre uno o alcuni elementi devono essere considerati come una prestazione accessoria o alcune prestazioni accessorie cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale” (C-349/1996). A tale riguardo una prestazione deve essere considerata accessoria ad una principale, quando essa non costituisce per la clientela un fine a se stante, quanto un mezzo per fruire, nelle migliori condizioni, del servizio principale offerto dal prestatore.

Se da un lato la previsione di un unico corrispettivo nel contratto non è determinante per stabilire che si è in presenza di una operazione unica (C-349/1996), dall’altro neppure la previsione di corrispettivi distinti è decisivo per considerare le prestazioni autonomamente, assumendo rilevanza il collegamento che si instaura fra gli elementi che compongono l’operazione.

Applicando i principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Ue al caso concreto, contratto unico avente ad oggetto la demolizione e nuova costruzione di fabbricato, si ritiene ci si trovi di fronte ad una operazione composita finalizzata alla realizzazione del nuovo fabbricato, ove tutti gli elementi costitutivi sono necessari alla sua realizzazione e strettamente connessi fra di loro. Pertanto, non si può, senza scivolare nell’artificio, ritenere che il cliente acquisti inizialmente la demolizione, successivamente le opere di fondazione, le opere murarie, di installazione degli impianti ecc...., ai fini IVA l’operazione deve essere considerata nel suo complesso, quale unica prestazione, a nulla rilevando l’indicazione di corrispettivi distinti.

La prestazione di costruzione complessivamente considerata, costituisce una prestazione generica alla quale si applicano le ordinarie regole IVA quanto all’individuazione del debitore del tributo, fatta salva l’applicazione del meccanismo del reverse charge nei rapporti contrattuali di sub appalto, ricorrendo tutte le condizioni stabilite dalla lett.a), comma 6 art.17 DPR633/72.

Allo stesso modo, dovrebbe potersi concludere a fronte di un unico contratto avente ad oggetto la demolizione di un fabbricato con rimozione delle macerie, ove se ritenessimo l’attività di rimozione delle macerie accessoria a quella di demolizione, prestazione principale, all’intera fattispecie contrattuale dovrebbe applicare il reverse charge di cui alla lett.a-ter, 6 comma art.17 DPR633/72.

1 Ad opera della legge finanziaria per l’anno 2015 L.190/2014.

2 Fatto salvo ovviamente l’ipotesi in cui il prestatore del servizio svolga sistematicamente attività ricomprese nelle classificazioni ATECO relative alle prestazioni di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative ad edifici, ma tali attività non siano state comunicate ai sensi dell’articolo 35, comma 3, del DPR n. 633 del 1972, nel qual caso, l’Agenzia delle Entrate, confermando un precedente orientamento (RM172/E del 2007), afferma “l’obbligo, da parte dello stesso prestatore di procedere all’adeguamento del codice ATECO.”

3 In cui si afferma testualmente che “il reverse charge riguarderebbe non soltanto le opere effettuate nei contratti di subappalto, bensì tutte le prestazioni rese nei rapporti B2B, anche nei confronti dei committenti che non operano nel settore edile o dei contraenti generali”.

4 La circolare n.14/E del 2015 conferma gli orientamenti interpretativi già espressi con la circolare n.37/E del 2006 e le risoluzioni n. 148/E del 28 giugno 2007, n. 164/E del 11 luglio 2007 e n. 172/E del 13 luglio 2007.

5 CM14/E del 27 marzo 2015.

6 Magari l’impossibilità di utilizzo del plafond per l’acquisizione di prestazioni di servizi nel settore edile soggette al meccanismo dell’inversione contabile deriva dalle stesse limitazioni poste dall’art.8 comma 1 lett.c) DPR633/72, che esclude dalla non imponibilità le cessioni di fabbricati. La limitazione all’utilizzo del plafond sancito dall’art.8 comma 1 lett.c) deve estendersi anche alle prestazioni di servizio che di fatto hanno come effetto il trasferimento di fabbricati come ad esempio i leasing per l’acquisto di fabbricati o le prestazioni dipendenti da contratti di appalto per la costruzione di fabbricati (CM145/1998 “Permane, in ogni caso, il divieto di utilizzare il plafond per l'acquisizione di fabbricati, in dipendenza di contratti di appalto avente per oggetto la loro costruzione o di leasing; e ciò in quanto, ancorché la disposizione di cui alla lettera c) dell'art. 8 del D.P.R. n. 633 escluda espressamente dal beneficio solo le cessioni di fabbricati, l'esclusione è evidentemente da estendere a tali modalità di acquisizione dei fabbricati stessi, che realizzano un effetto equivalente.”).

7 Circolare n.37/E del 22 dicembre 2015 par.2

8 P. Centore art.12 DPR633/72 Codice IVA nazionale e comunitaria commentato - Ipsoa

9 (C-349/1996)

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