Disposizioni in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili - collegato fiscale
In data 24 ottobre 2016, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (n. 249 del 24.10.2016) il testo del decreto legge 22 ottobre 2016, n. 193, cosiddetto collegato fiscale, contenete alcune norme di carattere tributario (e non solo) non recepite nella manovra di bilancio (Legge di stabilità 2017). Il centro studi del Parlamento ha predisposto, al fine di consentirne l’esame e la discussione da parte dei deputati e dei senatori, alcune schede di sintesi e schede di lettura. Di seguito, si riporta la sintesi del contenuto del decreto e in corsivo l’estratto di alcune schede di lettura per le parti più significative.
Introduzione
Etimologicamente parlando
Poiché entrati ormai a far parte del parlar comune, a volte capita di usare termini e vocaboli di cui non apprezziamo appieno il significato e che collochiamo all’interno della frase senza averne, prima, consapevolmente stimato il senso.
Non mi riferisco all’uso di parole di cui non se ne conosce assolutamente il significato, ma all’uso (diciamo così) inconsapevole delle stesse. Esempi ne sono le parole paradosso, metafora, allegoria e parossismo.
Per non parlare, poi, dell’inquinamento che subisce la nostra lingua per l’intercalare di parole anglosassoni, il cui significato è, sovente, misterioso non solo per noi ma per gli stessi inglesi. Questa non deve essere intesa come una crociata contro le lingue straniere, né contro l’impiego dei molti termini inglesi che, da mouse a discount, da toast a software, non hanno corrispondenti italiani efficaci e accettati. Esistono forestierismi insostituibili (come computer), utili (come autobus) e superflui (come ticket). Aggiungo che spesso le parole inglesi vengono caricate di un senso e di un potere esoterico che, di loro, non avrebbero. Così preferiamo la spending review alla revisione della spesa pubblica, lo spread alla differenza o scarto, l’autority all’autorità (ma dov’è la differenza), l’all-inclusive al tutto compreso, il break alla pausa, il selfie all’autoscatto e la privacy alla riservatezza.
D’altra parte, prima di tutto siamo pigri ed è assai più facile ricordarsi del selfie piuttosto che dell’autoscatto e, poi, non siamo tutti etimologi o etimologisti come dir si voglia e non sempre conosciamo l’origine e l’evoluzione fonetica, morfologica e semantica delle parole. Quindi, sia i puristi della lingua italiana, sia Dante Alighieri, sia l’Accademia della Crusca ci perdoneranno per i nostri strafalcioni (che, per inciso, è parola italianissimo e non volgare).
Vorrei, però, consigliare a tutti di verificare, prima dell’uso, il significato delle parole che utilizziamo: questo piccolo sforzo potrebbe, in alcuni casi, toglierci da situazioni poi imbarazzanti. Per fare un esempio, che immagino potrete in futuro ricordare, vorrei che rifletteste sul significato di anatocismo. Nel linguaggio bancario è la produzione di interessi (capitalizzazione) calcolati su altri interessi a loro volta calcolati su un determinato capitale. Forse, prendendo spunto da chi riuscì a moltiplicare i pani e i pesci, le banche hanno applicato (per secoli) la moltiplicazione degli interessi con grande lucro e soddisfazione. Ora se solo si analizzasse l’etimologia della parola anatocismo si scoprirebbe che deriva dal greco anatocheizomai composta da:
così che, componendo i significati, il senso completo è: hai visto mai che te lo mettono nell’...
stefano benatti
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